Diario
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Sketches of China

Ho dormito quattro notti in Cina. A Shangai. E’ stata una bella esperienza, sia pur molto breve.

Ho visto una città enorme, oltre venti milioni di abitanti. Il cielo è grigio e piovoso, di una pioggia sottilissima, che dilava i grattacieli e porta a terra lo smog incessante, di milioni di macchine e motori che girano vorticosi nel delirio urbano di incroci canalizzati.

Ho visto una metropolitana moderna, con poster all’ingresso che spiegano come non farsi prendere dal panico quando arriva l’ora di punta. E ho visto le solite due giovani guardie che scrutano chi entra ed esce dai tunnel della metro, pronti però a sorriderci o a dare spiegazioni, nel loro più che precario inglese.

Ho visto le opportunità e le minacce. Le opportunità che colgono i tedeschi, visto che tutti i taxi e la gran parte della auto di fascia media sono Wolksvagen, mica male come commessa. Ed ho visto un popolo di contadini che si trova in città, sputare bellamente per terra, grattando forte la gola incuranti dello sguardo contratto dell’occidentale di fronte a loro.

Ho visto le BMW serie M e la povertà assoluta. Le tavolette del bagno elettroniche e riscaldate con tanto di bidet incorporato, e quattro baracche fumiganti di odori insalubri di una rete fognaria che non ce la fa a smaltire tutto quel che deve.

Ho visto i pieni e i vuoti di una pianificazione urbana senza un vero senso compiuto: giardini storici incastonati tra grattacieli che svettano in una sfida titanica e gigantista.

Su dieci persone viste per strada, nove sono giovani ventenni, anche la mattina e nel loro brulicare, ho udito l’ossessione del clacson sempre pronto a suonare.

Ho vist la censura: che ti impedisce di andare su facebook o che rallenta orrendamente google. E ho visto la loro CCTV, in inglese, quasi meglio della nostra vecchia rai uno. Più moderna, voglio dire.

Ho sentito i cineasti parlare di censura e i giovani e i vecchi essere un po’ precisi e intruppati. Ma d’altra parte si può gestire diversamente unmiliardotrecentomilioni di persone? Questa è la domanda delle domande.

Ho visto i vecchi stabilimenti industriali trasformati in gallerie artistiche (M35) o piccoli quartierini dedicati all’artigianato di qualità (parola non sempre in disuso da quelle parti). Ce ne fossero da noi qui…

Ho visto le rane vive al mercato, le galline vendute vive e ammazzate lì, davanti all’avventore. Come le tartarughe, nuotare disperate nelle vaschette in attesa di essere bollite. E come le uova con i pulcini, vendute a mò di dumpling, in tegamoni enormi con ambigui liquidi marroni di feti in ribollitura. E ho visto la faccia del maiale scorticata dalle ossa e messa sottovuoto, in una busta trasparente.

Ho visto le cinesi, alcune bellissime, tiratissime e molto alla moda. E ho visto sorridermi tutti, rispondendo ad uno sguardo garbato, di turista che rispetta e comprende che il più grande valore del mondo nuovo è il relativismo etico, fermi restando alcuni principi universali, per fortuna già stabiliti e discussi il 10 dicembre del 1948.

Ho visto ovunque cartoni, vera ossessione cinese, con scritto “made in china – PPR” e vendere dappertutto qualunque cosa, quelle belle (poche) e quelle inutili (la più parte). Ho visto vendere e non sono sicuro di aver visto comprare.

Ho visto cos’è una igiene scarsa al ristorante, ma sono vivo e posso ancora raccontare, dunque che c’è di male se il cuoco ha la tunica sporchissima o la ‘food and drug administration’ di shangai dà il bollino giallo al ristorante dove ho mangiato un giorno?

Ho udito succhiare i noodles come bambini, da manager impomatati.

Ho parlato con i cinesi fuori dal giardino di Yu o con un bangladese che mi ha invitato a visitare il suo paese quanto prima, suo ospite magari.

Ho visto perché Milano non ce la farà mai ad essere all’altezza di Shangai con il suo Expo. Quattrocentomila cinesi al giorno per sei mesi fanno 72 milioni di visitatori, più del doppio della popolazione attiva italiana. Ho visto la gioia di scrivere il tempo presente.

Ho visto i giornalisti cinesi, il loro volto attento, ascoltare me o il nostro Presidente, sapere le cose, essere preparati e veramente curiosi. E non chiedere dei fatti privati o del gossip, ma di idee e fatti e basta.

Ho visto la passione e l’interesse per il nostro cinema dei cineasti cinesi e dei loro produttori e, forse, due di loro, verranno qui a conoscerci per girare un film. Chissà. Il seme è riposto nel terreno, crescerà.

Ho visto il mondo nuovo, mi sento già vecchio.

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